É stato l’argomento principe di queste ultime settimane di freestyle, che ha scatenato critiche, polemiche e dissing. I contest online, in questo periodo complicato, sono stata la soluzione all’assenza di eventi di freestyle dal vivo. Il principale è sicuramente il 2THETWITCH, organizzato da Ah Ress e Rend di Freestyle Reaction sulla piattaforma Twitch. Il contest raccoglie anche freestyler vincenti e affermati e consiste in sfide online solo audio fra rapper. Redrum, Snake e Entropia (due volte) hanno vinto le quattro edizioni della competizione finora disputate. Noi di Freestyle Rap Italiano vogliamo tentare di approfondire questo fenomeno e le polemiche scaturite, tentando di prendere in considerazione pro e contro.
Pregi e difetti
Partiamo da un presupposto: i contest online non sono l’idea di qualche genialoide che in un momento normale della storia dell’umanità ha deciso di provare a confinare anche il freestyle al mezzo web. I contest online sono un adattamento a una situazione straordinaria nella storia della nostra vita. Premessa doverosa e fondamentale.
Noi di FRI abbiamo visto i contest online. Non ci sono piaciuti granché. Prima di tutto perché creano una situazione “diversa” che ha permesso di ricordarci l’importanza dell’osservare la battle (anche via video): è fondamentale vedere come si muove il rapper, le sue espressioni facciali, le sue reazioni, la reazione del pubblico. Inoltre, alcuni freestyler, anche di alto livello, sono sembrati un po’ svogliati e sottotono nell’online. Pertanto dovrebbero eliminarli? ASSOLUTAMENTE NO. Prima di tutto, qualsiasi valutazione sensata non può essere presa per gusto personale. Quindi se ci sono persone che li seguono e a cui piacciono, perché privar loro di una fonte di divertimento in questo periodo di noia (in cui manca tutto, persino il calcio)?
Poi i contest online offrono occasioni, occasioni per conoscere freestyler che hanno più difficoltà a muoversi perché in regioni particolarmente scomode, occasioni per giovani freestyler di provare per la prima volta le loro qualità, magari temendo ancora il palco e quello che comporta. I contest online, quindi, non sono un qualcosa che fa male al movimento, ma che anzi potrebbe dare un qualcosa in più, aprendo le porte ai più inesperti.
La storia della discordia
Hanno creato un polverone le dichiarazioni di Keso, che in una storia su Instagram ha scritto “Basta contest online. Stop the massacre“. Toni forti, forse esagerati. Noi, per i motivi già spiegati, non siamo d’accordo con il Pappa Kappa sul tema. Però è una sua opinione e rispettiamo il fatto che la esprima. L’hip-hop è libertà, libertà di espressione nello specifico ed è giusto che – entro certi limiti – si possa dire quello che si vuole e quello che si pensa. Ciò che ha detto Keso può dare fastidio, perché l’opinione di un freestyler importante può influenzare quella di molte persone. Però è giusto che la esprima ed è giusto che chiunque lo faccia, per non rendere il freestyle una macchietta della società contemporanea in cui bisogna stare attenti a tutto quello che si dice, poiché ogni cosa potrebbe diventare offensiva per qualcuno. Poi, l’esplosione dei social network dovrebbe avervi fatto capire che c’è sempre qualcuno che critica. Fa parte del gioco insomma.
Chiasmo smuove le acque
All’intervento di Keso, ha fatto seguito una serie di storie di Chiasmo (freestyler bolognese), che ha attaccato l’intera Freestyle Elite Agency per il fatto di condannare un prodotto realizzato attraverso un mezzo (Internet) che è lo stesso che li ha resi famosi. Quello che ci è parso essere il concetto di fondo è: “Voi siete diventati famosi con i video del Mic Tyson, è incoerente criticare i contest online”. Chiasmo si è poi scusato, affermando come fosse stato un errore attaccare l’intera agency per le dichiarazioni di un singolo componente della stessa. In questo caso, poiché non siamo interamente (con tutti i suoi risvolti “privati”) a conoscenza della vicenda, preferiamo non commentare ciò che Chiasmo ha detto. Ci sentiamo di dire, però, intanto che vale lo stesso discorso fatto per Keso: è giusto che, in un mondo nato sul concetto di realness, chiunque dica pubblicamente ciò che vuole. Come il Pappa Kappa può criticare, ovviamente può essere criticato. Poi, forse, un qualcosa che rompesse il clima esageratamente tranquillo proprio della scena del freestyle italiano era necessario (ne abbiamo parlato anche con Drimer qui). Non crediamo che tutti i freestyler si stiano simpatici fra di loro e sarebbe ora che si esprimessero i vari dissapori. Soprattutto sul palco, quando ce ne sarà l’occasione, in modo da permetterci di vedere sfide ancora più sentite ed emozionanti. Rompere lo schema: fondamentale in tutto, ma nel freestyle un po’ di più.
Conclusione
Ritornando sul discorso contest online, qualcuno dirà, quello non è hip-hop, non è freestyle. Ma l’hip-hop è evoluzione, è adattamento, è originalità. Perché mettere dei freni a un arte nata di per sé per essere “free”? E, anche se non fosse freestyle come lo si intende normalmente, perché privare di questo intrattenimento dei ragazzi che hanno voglia di farlo e di ascoltarlo?