Nel film “I ponti di Madison County”, Francesca Johnson definisce un concetto spesso espresso, ma raramente con tale efficacia. “Noi siamo le nostre scelte”. Filosofi, letterati, un po’ tutti hanno fatto passare questo messaggio. Ma forse va aggiunto un qualcosa a questo aforisma per renderlo totalmente veritiero: Siamo quello che la gente pensa delle nostre scelte. Certo, sarebbe un argomento su cui si potrebbero realizzare mille obiezioni e mille valutazioni contraddittorie. Ma penso che il modo in cui è stata concepito il personaggio di Moreno sia frutto di questo pensiero. Un freestyler con tantissime vittorie importanti nel curriculum, che ha lavorato con Fabri Fibra, ma che al tempo stesso ha partecipato ad Amici, Sanremo e L’Isola dei Famosi. In base alle scelte che ha fatto, si è creata un’idea sul suo conto, è stato etichettato, soprattutto dall’ambiente più underground. In quest’intervista abbiamo lasciato che Moreno stesso si esprimesse su diversi temi scottanti della sua carriera, per permetterci di capire anche il suo punto di vista, un qualcosa che abitualmente viene poco considerato quando si giudica un personaggio pubblico.
Come hai iniziato a fare freestyle?
Ho iniziato a fare freestyle a scuola, giovanissimo. Uno della mia classe faceva freestyle, nel periodo di 8mile e da lì, ho iniziato ad ascoltare rap italiano, Fabri Fibra con Mister Simpatia, Bassi Maestro, Primo Brown, Danno, Kaos, I Messaggeri della Dopa, Sangue Misto. Nei bagni della scuola c’era uno che faceva beatbox, cominciai a entrare nel cerchio di freestyle, ad allenarmi e gli altri ragazzi mi dissero che avevo un dono per questa cosa. Partecipai alla prima battle in un locale sulla spiaggia e vinsi. Ho iniziato a partecipare a contest a livello provinciale, per poi passare a livello nazionale. Poi conobbi Blnkay, che all’epoca si chiamava Blank. Diventammo amici, veniva spesso a casa mia a fare freestyle, infatti anche lui in un’intervista per Billboard afferma che l’ho influenzato molto nella sua adolescenza. Iniziai a farmi un nome, il pubblico spesso urlava “Moreno, Moreno”, a me faceva molto piacere e mi sorprendeva sempre che mi conoscessero fuori.
Tre volte finalista al Tecniche, quanto ti pesarono le due sconfitte e quale fu il sollievo di vincerlo?
La prima volta non mi pesò, dopo la sconfitta contro Noema pensai “è la prima volta, può capitare”. Pensa che l’anno in cui persi con Canesecco, avevo partecipato al Tecniche in Sardegna, per non creare troppe antipatie in Liguria visto che lo vincevo spesso. Persi in finale nella semifinale regionale contro Beks, che poi ho battuto nel primo turno della Finale del 2008 (quella di Canesecco ndr). La finale con Canesecco invece l’ho sofferta, dopo la sconfitta mi sono preso un anno sabbatico dal freestyle, non ce la facevo più.
La vittoria del Tecniche fu una liberazione, infatti quando Masta disse il mio nome mi misi in ginocchio per sfogare la mia gioia.
La finale contro Canesecco: cosa successe dopo? Si parla di uno scontro con Emis Killa
Io ed Emiliano siamo sempre stati amici. Eravamo dello stesso anno (1989) e avevamo fatto una battle bellissima a Milano, Battle in Cantiere, che vinsi io. Ero molto felice per la sua vittoria al Tecniche dell’anno prima, in cui avevo perso contro Noema. Lo considero uno dei freestyler più forti che ci siano stati e quando eravamo ragazzini, ci scambiavano per fratelli. Canesecco lo avevo già battuto due volte, anche a Roma al Tecniche dell’anno prima, quindi forse lo presi un po’ sottogamba. Nella noia della battle, Canesecco è stato bravo a portarsi il pubblico della sua e io ci sono andato sotto psicologicamente. Ma pensavo comunque di meritarmela. Però persi e avevo notato che il voto di Emiliano era andato a Canesecco. Lo avevo visto non dico come un tradimento, ma un qualcosa che non mi aveva supportato, anche per l’amicizia che ci univa. Ero annebbiato, perché in realtà so bene che un giurato è tenuto a votare quello che per lui è stato il migliore, senza amicizie. Ma la cosa è finita subito, dieci minuti dopo nei camerini ci siamo chiariti. Mi ricordo anche di un grandissimo Clementino, che – vedendomi distrutto – era venuto a dirmi che ero fortissimo e che mi sarei portato quel titolo a casa. Ho fatto freestyle con Clementino 40 minuti nelle panchine fuori dal locale. Dopo l’anno sabbatico, sono ritornato super carico e potenziato e ho vinto. Ero felice anche che Canesecco avesse vinto, perché è una brava persona che quando ha avuto la possibilità di spezzare una lancia in mio favore, lo ha fatto in maniera positiva.
Diciamo che è stata una battle strana e ci sta che non fossi d’accordo con il giudizio
A volte alle battle può succedere, ci sono troppi fattori da considerare. Quando ero ragazzino Ensi mi disse: “ci possono essere tutti i fattori che vuoi, se ti metti in condizione di essere schiacciante, non ci potrà essere né se né ma”. Forse in quella battle avevo lasciato la possibilità di lasciare dei dubbi, anche per la mia inesperienza. L’anno prima, dopo aver battuto Rancore e Canesecco a Roma, durante la finale contro Noema mi tolsi la maglia perché faceva troppo caldo, un qualcosa che risultò antipatico, errore d’inesperienza. Sono cose che contano.
Moreno sei stato, insieme a Emis Killa, il primo ad aver portato un certo atteggiamento (tamarro) nel freestyle. Sia per vestuario e comportamento, sia per modo di rappare (punch su punch). Come ti era nata quest’attitude?
Era il mio modo di essere. Anche io ho avuto il periodo da felpone, in cui mi vestivo largo. Sono di un quartiere di Genova dove non è il rap il genere musicale che si predilige, erano più cose tamarre, si andava spesso in discoteca a ballare cassa dritta. Il mio outfit dipendeva molto da quello. Insieme anche a Fred de Palma, tutti ’89 tamarri, una leva uscita così diciamo.
Mentre per quanto riguarda il discorso punchline?
Sì, caricare la punch per poi lanciarla ci ha un po’ contraddistinto. Poi mi piaceva questa cosa di creare un’empatia con il pubblico e, vedendo che le punchline funzionavano a questo scopo, avevo deciso di puntare su quello.
Cosa mi dici di questo passaggio da rapper underground a rapper commerciale?
Io sono uno che ha fatto la gavetta. Ho vinto tantissime battle, Tecniche, Fuori Per il Cash, dovevo partecipare al 2thebeat con Dj Tricks e Ensi come presentatore, fui il primo a essere chiamato a MTV Spit insieme a Ensi. Per dire, io sapevo tutte le battle del 2thebeat a memoria. Subito dopo MTV Spit ero riuscito a vincere l’Arena Battle contro July B a Reggio Emilia, una battle a quei tempi importantissima, avevo vinto un contest organizzato dalla Puma contro Il Tofa, avevo vinto un contest organizzato dalla Nike contro Low Low. Lavoravo da quando avevo 16 anni in un negozio, riuscivo a togliermi le prime soddisfazioni. Iniziavo ad aprire con Fred De Palma i concerti di J Ax, Emis Killa, con cinquemila persone per capirci. Prima avevo già aperto i concerti del Danno, Primo Brown e altro. Iniziavano a riconoscermi e per me era una figata, girava il mio pezzo “Sempre Vero”, che è anche il mio nome social e ci tengo a sottolineare che non è per evidenziare una sorta di street credibility, ma proprio a ricordare quel singolo. Tutto questo è stato dimenticato per una scelta.
Cioè Amici: prima di andarci, ti sei reso conto che questa scelta ti avrebbe portato delle conseguenze per quello che era il tuo ruolo nel mondo del rap?
Intanto, il freestyle mi ha portato ad Amici. Amici era il raggiungimento di un sogno, dopo il mio percorso. Mi era arrivata la chiamata e io avevo buttato giù il telefono, pensando che fosse uno scherzo. Mi hanno richiamato una mezz’ora dopo dicendomi che non era uno scherzo e proponendomi un colloquio per capire di cosa si trattava e dicendomi che sarebbero stati contattati anche degli altri rapper. Chiamai Paola Zukar che da dopo Spit mi faceva da supervisore e le dissi che mi aveva chiamato Canale 5. Lei, mi ricorderò per sempre, scoppiò a ridere e mi disse “Per fare cosa?”. A quei tempi non ci azzecava niente la presenza di un rapper in tale contesto. Pensavo di avere un background che mi permettesse di “supportare la mia scelta”. Quando ho accettato di fare il provino, lo scrissi con ingenuità sul mio Facebook. Da quel momento, nonostante avessi la coscienza pulita, ho iniziato a vedere le persone che si tiravano indietro e che mi dicevano “lì non si può andare, lì c’è la tutina, lì c’è Maria”. Ho anche capito però che volevo fare un percorso andando in culo a tutti quelli che dicevano che non si poteva fare. Poteva giovare a me a livello di esposizione per far conoscere la mia musica e per tirare su soldi e al tempo stesso potevo essere l’agnello sacrificale a livello di musica rap. Il primo ad aver fatto questo percorso fra i miei colleghi, per un genere che non era ancora uscito fortemente soprattutto su livello televisivo. Questa cosa mi è stata riconosciuta solo tempo dopo, mi riferisco a Ernia che dice che nel 2013 come io abbia un po’ aperto le porte al rap in televisione in Italia, fra Sanremo/pubblicità e altro.
Sei stato l’unico freestyler a venire contattato?
Non sono stato l’unico, per esempio anche Fred de Palma e Tedua avevano parlato per entrare ad Amici nelle edizioni successive a quella che ho vinto. Ma sono rimasto comunque marchiato dopo Amici. Insomma, penso che quasi chiunque avrebbe colto un’occasione del genere. Per dire, Marra quando fece la sigla dei Pokemon si giustificò spiegando che aveva “sessantamila motivi per non dire no”, quando per me è una persona che non deve giustificare nulla a nessuno.
Fino ad allora, davvero, di haters non ne avevo. Facevo magari video con 200mila views (a quei tempi un grandissimo risultato) in cui non trovavi nemmeno un commento negativo e i non mi piace si contavano sulle dita di una mano.
Come ti sei scelto lo stile per fare canzoni?
Io ho sempre scritto facendo freestyle, non è mai cambiato questo. Prendo la base e provo a farci freestyle sopra, trovando una metrica o un concetto. Venendo da un quartiere molto popolare, ho cercato di trovare un linguaggio che andasse bene per tutti i contesti: piazza, discoteca, club, teatro, tv. Poi le persone quando si vogliono mettere i paraocchi e valutano solo dal pezzo che passa in radio senza ascoltare il resto del disco, non puoi farci nulla. Ho vinto il disco di platino e ho collaborato con Fibra, Clementino, Gué, Double S, altri devono pagare per farlo.
Cosa è successo la sera del Tecniche vinto da Blnkay fra te e Reiven?
Mi puoi toccare tutto, tranne le mie capacità da freestyler. Penso di avere una carriera a dimostrarlo, se accendi la tv e parli con Alexa ti dice che Moreno è il freestyler più titolato al Tecniche Perfette. Non rispetto chi, facendo parte di questa disciplina, non dà merito a chi c’era prima di lui. Quella sera nei camerini abbiamo fatto freestyle, io e Reiven, c’era tutta la giuria e alcuni freestyler validissimi, c’erano Clementino, Masta, Er Costa (che mi disse che quella sera ero stato potentissimo). Poi se uno vuole fare una battle davanti ai fan più underground per potermi dire che sono andato ad Amici, non è freestyle quello.
Faresti la famosa battle di cui si è parlato davanti al pubblico?
Quando vuole, qua a Genova gli posso organizzare tutta l’occasione per venire a casa mia a sfidarmi in freestyle o può salire su un palco a un mio live per vedere se sono ancora in grado di fare freestyle o meno. Alcuni freestyler che ci sono adesso sono molto più presuntuosi di quello che eravamo noi ai tempi. Ho sconfitto Emis Killa, Canesecco, Rancore, Nitro, non mi sembrano freestyler scarsi. Ci sono ancora freestyler forti eh, Mouri, Blnkay, Shame per esempio.
Non sono quello a cui piace fare i dissing via cellulare, ho solo risposto a una provocazione. Non mi piace dare luce a chi non giudica in maniera obiettiva la mia capacità di fare freestyle. Quando ho avuto l’occasione di farci freestyle l’ho fatto e nessuno può dire che mi abbia spaccato. Io mi misuro con persone che siano obiettive. Se dici che non sono capace a fare freestyle dopo Tecniche, Fuori per il Cash, Arena Battle, Spit, va bene, non m’interessa.
Nel dissing Vacca-Fibra, Vacca fa la rima “Io sto insieme a Jam ed Evergrenn: Hip Hop vero; mentre tu stai in cameretta e scrivi il disco di Moreno”.
Ti posso rispondere con quello che ha detto Fibra, si è preso lui la briga di difendermi diciamo “Cento mila euro con Moreno. Se non hai fatto i soldi col rap non ti parlo nemmeno”. Penso che sia il sogno di qualsiasi rapper lavorare con un mostro sacro come Fibra ed entrare a far parte della sua ex etichetta Tempi Duri. Avevo iniziato a lavorare a quel disco già all’interno di Amici. Non sono un burattino a cui qualcuno scrive le cose, ho lavorato con Fabri Fibra in studio, mi ha dato consigli, ma il disco me lo sono scritto da solo, se no non l’avrei fatto uscire. Continua ad arrivarmi la SIAE di quel disco e ti assicuro che Fibra non è l’unico che si è arricchito con i progetti che abbiamo creato insieme. Penso che il dissing fosse fra loro due e io non c’entrassi.
L’Isola dei Famosi: ci sei andato per accrescere la tua popolarità o per altre ragioni?
No, ma lì era stata una scelta personale, mi avevano proposto questa nuova esperienza e volevo mettermi alla prova. Mi avevano proposto anche il Grande Fratello ma ho rifutato perché, rispetto all’Isola, non era un contesto in cui potevo mettermi alla prova. Soffrire la fame, pescare, cercarmi il cibo: è stato un’esperienza di vita. Ho anche registrato un pezzo quando sono tornato dal reality, “Scritto nel Cielo”, che avevo immagazzinato in testa durante il periodo sull’isola, perché non avevamo fogli né penne. Anche lì il freestyle mi aiutava, lo facevo durante le mie giornate.
Ora che progetti hai?
Mi sono concentrato più sui live ultimamente, ma presto farò uscire un disco o un mixtape, a seconda di quante tracce avrò. Ho continuato a fare collaborazioni, tipo “Ti ammazzo in freestyle” con Blank.
Per concludere, domanda secca: l’avversario più forte che hai affrontato.
Emis Killa, che ho battuto in finale alla Battle in Cantiere e Noema, che è anche un po’ la mia bestia nera, visto che mi ha battuto per due anni consecutivi al Tecniche Perfette.