Problemi freestyle italiano – Il “volemose bene”

Introduzione

Terzo capitolo della rubrica “I problemi del freestyle italiano”. Questa serie di articoli si occuperà di delineare alcuni cliché, tendenze, particolarità della disciplina che bisognerebbe cambiare, per permetterne un’evoluzione. Si cercherà di presentare il tutto con la massima oggettività e basandosi su ciò che la maggioranza delle persone generalmente tende a preferire. Tuttavia, risulta scontato alcuni di questi temi possono essere “soggettivi” e dipendere dai gusti.

Il tema

Il rap nasce dalla strada, dalla cultura hip-hop: non a caso le sfide di freestyle vengono chiamate battle, battaglie appunto. Nei ghetti americani le battaglie di freestyle ebbero un valore etico, permettendo di dirimere conflitti e di sedare l’aggressività delle varie bande attraverso la musica. Le battle erano principalmente, quindi, attacchi sul personale: si insultava l’avversario, gli amici, la ragazza o la sua crew. E non si trattava di insulti random, ma basati su un fondo di verità. Questa disciplina è stata esportata in Italia, ma fin dall’inizio ha perso alcune delle finalità con cui veniva concepita oltre-oceano. E’ diventata molto più flusso che guerra, molto più “esibire quanto si è bravi” che “sotterrare l’avversario”. Il 2thebeat ha alcune sfide che mantengono l’idea di attacco sul personale (Ensi vs Mistaman, Clementino/Kiave vs Esa), ma in generale si nota già come il freestyle italiano sia incentrato su altri dettami rispetto all’americano. Sia chiaro, rimangono gli insulti all’avversario: al suo modo di vestire, di muoversi, di fare rap, di pronunciare le parole, la sua età. Queste sono tutte cose “permesse”, che fanno parte del gioco. Ma è molto difficile che si rompa lo schema, che venga criticata la persona per la sua vita personale o per aspetti del suo carattere.

Attacchi personali all’italiana

Bisogna dire che nel corso degli anni, in Italia, si sono sviluppate alcune rivalità e alcuni scontri personalissimi fra i freestyler. La più celebre è sicuramente quella Drimer e Shame, una faida durata diverse battle e pienissima di colpi bassi. Impossibile, inoltre, non citare un freestyler il cui stile è molto da “attacco diretto sulla persona”: Hydra ha un po’ cambiato sotto questo aspetto il modello classico del freestyle del nostro paese.

Il “dissing” fra Shame e Drimer è uno degli argomenti di maggiore interesse per i fan di freestyle, come dimostrano le visualizzazioni ai video in cui i due si sono sfidati. Ma ci sono altri esempi di attacchi sul personale che hanno ottenuto grande successo. Una delle rime più apprezzate di Freestylemania sono gli 8/4 con cui Frenk “smonta” Hydra, un esempio di attacco sul personale riuscito alla grande. La sfida al Mic Scrauso fra Hydra e Shame è un altro momento in cui viene riportato in auge questo modo di rappare: iconica, sotto questo aspetto, la risposta di Hydra a Shame che gli rimproverava il fatto di andare sempre sul personale “Sul personale, ma se fai freestyle è normale, quindi cosa vuoi sul rap”. L’incredibile crescita di Hydra, nonostante i suoi indiscutibili limiti tecnici, dimostra quanto al pubblico piaccia questo modello di battle. Perché non dargli ciò che vuole, un qualcosa che è anche profondamente intrinseco nella cultura di questa disciplina?

Fea=volemose bene? Non necessariamente

La FEA ha portato una ventata d’aria freschissima nel rap italiano e si possono già notare alcuni risultati per il lavoro che sta svolgendo: nascono sempre più contest importanti, c’è più pubblico, i freestyler sono più invogliati a presentarsi alle battle e molti altri. Ovviamente – attraverso quest’organizzazione – si è sviluppata un’amicizia fra i freestyler, che fa bene a tutto il movimento, ma la cui contro-indicazione è proprio questa esagerata “bontà” sviluppata dai rapper. Un esempio è la prima parte della finale fra Morbo e Keso al Carpe Riem, in cui i due fanno freestyle spettacolo e non si insultano quasi mai. Bellissimi i giochi metrici, gli anagrammi, le risposte a tema… Ma quello che i fan, spesso, apprezzano di più è quando si vede scorrere il sangue sul palco come quando Hydra e Frenk (altri due membri di FEA) si incrociano.

Conclusione

Ecco perché bisognerebbe ritornare più spesso alle origini del freestyle: attacchi alla persona, al suo stile di vita, alle sue abitudini, ai suoi gusti. Ovviamente, non vanno dimenticati flusso, giochi metrici e qualsiasi tipo di figura retorica, cose che arricchiscono quest’arte. Ma l’insulto personale non dev’essere un tabù. Anche perché, ciò che viene fatto sul palco, rimane sul palco e non rappresenta la persona. E poi, nel freestyle c’è spazio per tutto: c’è spazio per esibire metrica e flow, come per sferrare punchline letali o rigirate pazzesche. Bisogna trovare lo spazio anche per il sangue.

CmA

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