Intervista a Shekkero Sho

L’obiettivo di questo sito, come avrete compreso, è fornire un servizio che mancava a livello di freestyle italiano. Questo ciclo di interviste ha l’intento di facilitare una comprensione della disciplina e inserire lo spettatore in questo mondo, attraverso i suoi valori e le sue personalità. Shekkero Sho ci è sembrato il freestyler perfetto per avviare questa rubrica, sia per le sue vittorie, ma soprattutto per il modo che ha di approcciarsi a questa disciplina. Iniziamo, dunque, a conoscerlo meglio tramite qualche domanda. L’intervista è stata svolta attraverso telefono, sono state poi trascritte domande e risposte.

Come hai iniziato a fare freestyle?

Ho scoperto il rap tramite Fibra, poi andando di canzone in canzone su YouTube, addirittura su eMule ho scoperto le prime battle, come Fibra contro Kiffa, il 2thebeat, Ensi e così via. Ho iniziato a farlo perché pensavo fosse obbligatorio per fare rap: credevo che ogni rapper dovesse per forza iniziare con l’improvvisazione. Ho avuto anche un periodo di pausa, durato un anno più o meno lungo, fra i 18 e i 19 anni. Nel mentre scrivevo.

Quindi hai iniziato a scrivere e a fare freestyle in contemporanea?

Sì, il mio primo testo l’ho scritto quando avevo 12-13 anni, poi ho iniziato ad andare alle battle in provincia, anche perché a Cassino non c’era tanto movimento.

Quanto conta l’ambiente per iniziare a fare freestyle? Per ambiente intendo avere un gruppo di amici “stimolanti”, che ti portino a praticarlo sempre di più.

Tantissimo, ma conta ancor di più la voglia che ci metti. Io e qualche ragazzo seguivamo le battle su YouTube e abbiamo iniziato per gioco a farlo, ma non pensavamo mai di poter fare contest ed era inconcepibile come idea. Poi è successo che hanno organizzato una battle in provincia e abbiamo deciso di andarci. Il contest era in una trattoria, per farti capire la situazione. Successivamente abbiamo organizzato la prima battle a Cassino, tipo con 8 persone. Mai si pensava di arrivare a organizzare qualcosa tipo il Mic Scrauso.

Quando hai capito che il freestyle poteva diventare qualcosa di grosso per te?

Prima di toccare con mano i primi traguardi non l’ho mai capito. La mia storia nel freestyle è stata molto simile a Dragon Ball, più mi allontanavo da Cassino più gli avversari diventavano forti. Io miglioravo e gli avversari diventavano più tosti, tipo Freezer, Cell, Majin Bu… La vittoria del Mic Tyson o quella del Tecniche finalmente mi hanno fatto capire qualcosa. Una costante della mia carriera da freestyler è stata la mia fame incredibile, viaggiavo tantissimo e sempre con grande fotta e voglia di scoprire che nuovi avversari trovavo. Mi mettevo sempre alla prova, penso che questo sia molto importante.

Com’è nata la presentazione: “Yo mother fucka, Shekkero che rappa, la folla che si esalta, su la mano alta…”?

La utilizzo spesso nelle selezioni, presentazioni o showcase. Sono appassionato di wrestling, quindi mi piaceva crearmi una sigla alla Chris Benoit e Eddie Guerrero, un qualcosa che tutti conoscono e che fa ricordare alle persone di te, tipo quando entrava Eddie e tutti gridavano “Viva la Raza”. Ora la gente la canta con me, che era il mio obiettivo involontario. In generale, è un metodo che consiglio ai giovani freestylers per le loro selezioni, perché permette che la gente, i giudici e così via si ricordino di te.

Come mai usavi lo zainetto durante le tue performance? Perché hai smesso di usarlo?

Lo usavo perché ero sempre in trasferta e dentro c’avevo la vita (cibo, vestiti, topolino, settimana enigmistica, carte, tutto) e al Tyson perfino un sacco a pelo. Poi, sono un sacco scaramantico quindi, lo zaino, il cappellino e i polsini erano la mia tenuta da freestyle. Una volta vinto il Tecniche, ho deciso di appenderli in cameretta come ricordo del percorso che mi aveva portato a coronare il sogno comune di ogni freestyler. E anche perché dopo il Tecniche piano piano ho iniziato anche ad avere un diverso approccio alle battle e ad avere un’altra gimmick, ancora più spontanea (come succede nel wrestling).

I soldi delle vittorie delle battle finanziano i freestylers? Almeno nella tua esperienza.

Diciamo che ogni tanto mi ritrovo qualche soldino da parte. Ora con FEA è molto più gestibile, non dovendosi pagare le trasferte e con i cachet. Giusto che sia così, perché è inconcepibile che un Blnkay porti uno show in giro per l’Italia che manda avanti una serata e debba anche pagarsi la trasferta. Al tempo stesso, prima facevo molti più contest e ne vincevo parecchi (nel 2017 soprattutto) e così mi entravano in tasca diversi montepremi.

Ora buttiamoci su qualcosa di più generale: nonostante il grande sviluppo che sta avendo in questo periodo, c’è ancora qualcosa che frena il freestyle italiano?

Intanto, risponderei con un paragone rispetto al modello più “importante” al mondo, quello in lingua ispanica. Difficilissimo arrivare ai livelli del freestyle spagnolo: non tanto per la bravura dei freeestylers, quanto perché lo spagnolo è la seconda lingua più parlata al mondo e il pubblico è molto più vasto. Non possiamo avere aspettative di questo tipo per il freestyle italiano, non si arriverà mai a fare un qualcosa tipo Batalla de los Gallos. A livello italiano, il freestyle viene visto in un certo modo, non è un qualcosa che si può paragonare con il rap classico. Per capire la differenza, basta esportare il concetto su altri ambiti: per esempio il freestyle a livello calcistico ovviamente non ha lo stesso risalto mediatico del calcio normale.

Inoltre, penso che ci sia stata una cattiva gestione a livello di freestyle italiano, pensando ai due periodi d’oro: il 2thebeat e l’ascesa di MTV Spit. Non si è riuscito a sfruttare quel periodo. Ora forse siamo in un nuovo periodo d’oro e con FEA stiamo cercando di valorizzare al meglio questa nuova generazione di freestylers.

D’accordissimo, penso che FEA stia motivando anche i freestylers a continuare con quest’arte, perché può portare effettivamente dei vantaggi (anche e soprattutto economici) il semplice “fare freestyle”.

Sì, aggiungo che penso che FEA più che aiutare noi, aiuterà tantissimo i freestylers del domani con il lavoro che sta facendo, la prossima generazione di freestylers. FEA ha gettato le basi, ma i primi guadagni veri li avranno loro. A livello di show il freestyle ha un potenziale infinito e penso che, se coltivato bene, si possa creare un qualcosa di interessante.

Non pensi che il freestyle possa venire limitato dal moralismo tipico italiano, soprattutto al momento?

Sì, ma dipende molto dal canale in cui passa il freestyle. Certo che su Canale 5 certe rime non potrebbero passare, ma (punto in alto eh) su un qualcosa di più libero tipo Netflix, questa disciplina potrebbe starci benissimo.

Certo, al tempo stesso il freestyle non può perdere il suo politically incorrect perché è parte dello show, banalmente un Mic Scrauso diventa più divertente di una battle di maggior prestigio perché è senza vincoli.

Penso sia proprio un limite della società, se pensi che a Colorado non si possano dire certe cose mentre se poi vai a vederti video di stand-up comedy, ti fanno morire dalle risate e si fanno battute anche su argomenti molto “tesi”, tipo necrofilia o altro. Però fa parte delle dinamiche della nostra società. Tra l’altro sono proprio le battle più grosse e quindi più moraliste a dare risalto alle più piccole e libere. Tipo senza Mic Tyson difficilmente esisterebbe il Mic Scrauso.

Mai capitato che volessi dire una cosa e poi hai pensato che fosse troppo scomodo e non l’hai detto. Oppure che hai pensato “non dovrei dirla” e poi l’hai detta lo stesso?

Continuamente. Devi saperti rapportare con il pubblico e con il contesto e a volte certe cose non vanno dette. L’esempio più lampante è la mia battle contro Dr. Jack al Mic Tyson: ero indeciso se dire certe cose, ma poi ho pensato “ma si diciamolo”.

Collegandomi a questo, cosa ne pensi dei giudizi delle battle?

Se meriti di vincere e vuoi vincere, in qualche modo ce la fai a portartela a casa. L’esempio è il Tyson 2019, sapendo che il metro di giudizio della battle era diverso, se sgarri è colpa tua, non è che puoi incolpare qualcuno perché ha fatto semplicemente quello che ha detto che avrebbe fatto. Come se sfidi qualcuno a casa sua, lo devi buttare giù, non ci sono scuse. Ogni vittoria è meritata (per presenza scenica o qualsiasi mix di fattori) e quando perdi vuol dire che non hai fatto abbastanza. Lo dico sempre: devi diventare talmente forte da riuscire a battere Eminem a Detroit. Inoltre, ultimamente con FEA e avendo vinto diversi contest, vado alle serate tranquillo, per fare spettacolo. Non mi interessa più molto di vincere. Ovvio che invece i giovani freestylers che partono dalla Puglia per fare una battle a Milano, con tutte le spese del caso, siano più legati al discorso vittoria.

Si può con FEA eliminare il discorso: divento freestyler, mi affermo e abbandono il freestyle e mi do al rap? Storicamente, hanno tutti abbandonato il freestyle dopo grandi vittorie. Tu hai un po’ sfatato questa cosa.

Io penso che questo sia stato sempre un tabù. Tipo al Tecniche, Morbo vince e si ritira. Reiven vince e si ritira. Io no. Ma forse lo avrei fatto, se avessi fatto una battle migliore. Ero stato abbastanza mediocre al Tecniche, non come Morbo e Reiven che avevano fatto delle prestazioni incredibili in finale. Quindi mi sentivo in dovere di continuare, con l’idea di chiudere dopo una grande prestazione. Tra l’altro ogni volta che faccio una battle che mi soddisfa particolarmente e che mi fa dire “ok dopo questa posso prendermi una pausa”, non ne esce il video e mi costringe a continuare. Comunque, tornando al discorso, ciò che ha avviato FEA sta aiutando a cambiare questo modo di pensare.

Cambiando argomento, quanto ti alleni?

Storicamente mi sono sempre allenato poco e quasi mai da solo. Anche nel 2017 (anno della doppietta Tyson+Tecniche), passavo poco tempo ad allenarmi. Ora mi faccio diversi freestyle sotto la doccia, sono le mie “esercitazioni”. A Cassino non avevo grandi possibilità di allenarmi con altri freestylers, invece ora che sono a Bologna ho già più possibilità.

Preferisci fare freestyle o scrivere?

Scrivere, sicuramente.

Pensi che fra 10 anni starai continuando a fare freestyle?

Non ne ho idea, è probabile anche che fra 10 anni io sia in Nepal, magari starò facendo una vita diversissima, non ne ho davvero idea. Penso di poter fare a meno del freestyle nella mia vita, ho anche altri interessi. Per me, la cosa più importante della vita è la vita.

CmA

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