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In questa nuova serie di interviste, converseremo con alcuni esponenti del freestyle in spagnolo, nel tentativo di cercare di comprendere culture hip-hop diverse dalle nostre. Troviamo interessante capire come venga percepito e come è cresciuto il freestyle in paesi che non siano l’Italia, entrando in mondi diversi, ma al tempo stesso simili.
Errecé da Valencia è uno dei migliori freestyler spagnoli ed è attivo nel mondo del freestyle dal 2009. Il suo stile – molto incentrato sul flow – lo rende un freestyler unico nel circuito spagnolo. In particolare, la sua battle contro Aczino ne ha fatto notare tutte le qualità e aumentato la fama. Andiamo a scoprire qualcosa su di lui e su tutto il movimento spagnolo.
Prima di tutto Errecé, vorremmo mostrarti il video di una battaglia di freestyle italiana, affinché tu ci dica che te ne pare. La sfida è stata scelta dal campione nazionale italiano, Frenk: si tratta di Mouri vs Bles del Mic Tyson.
Allora, è sempre difficile vedere una battaglia in una lingua diversa dalla tua, perché chiaramente mi piacerebbe capire i concetti espressi. Il primo partecipante (Mouri ndr) ha un flow straordinario, mi fa impazzire, non smette di rappare sempre con la stessa tonalità e gestisce benissimo l’ossigeno. Credo che il secondo partecipante (Bles ndr) sia un punchliner e, non potendo capire quello che dice, diciamo che preferisco chi rappa meglio.
Come hai iniziato a fare freestyle?
Ho iniziato quando avevo 12 anni, circa 12 anni fa. Dopo aver visto una Batalla de los Gallos su YouTube, ho iniziato a provare a fare rime, all’inizio è andata molto male. Col tempo, però, sono migliorato e l’anno successivo mi sono iscritto alla mia prima competizione a Valencia dove ho raggiunto la finale e ho capito che avrei potuto avere un futuro in questo. Attraverso molta pratica e molto lavoro sono riuscito ad arrivare dove sono ora.
Quando hai iniziato a fare freestyle, qual era la situazione del freestyle in quel periodo in Spagna?
Quando ho iniziato non c’erano molti riferimenti, c’era solo Red Bull su larga scala, ma in Spagna per il resto quasi nulla. È stato tutto molto progressivo: quando mi sono iscritto per la mia prima competizione è stato perché Pieces, uno dei più grandi freestyler spagnoli, è venuto a fare un concerto e ha organizzato un contest: per me è stata un’occasione unica. Mi sono iscritto e ho raggiunto la finale nonostante ci fossero persone molto più grandi di me e questo mi ha motivato molto. Il movimento cresceva progressivamente mentre io crescevo. Tuttavia, in quel periodo non c’erano ancora molti contest in Spagna.
Come ti alleni?
In questo momento mi alleno di tanto in tanto a casa mia, ma normalmente non lo faccio. Visto che ho tanti eventi, il mio allenamento sono le competizioni a cui vado. Prima della quarantena partecipavo a un contest ogni fine settimana e questa è stata la migliore pratica possibile. Invece, prima di raggiungere il top, mi allenavo per due ore al giorno.
Modalità di allenamento?
La maggior parte delle volte con rivali immaginari e generatori di parole.
Il tuo stile è caratterizzato molto dal “flow”: come l’hai sviluppato?
È venuto così, da sé. Mi è sempre piaciuto rappare con gli strumenti, non con le tipiche basi “bum bap”; ho improvvisato nel mio quartiere Benimaclet a Valencia utilizzando strumenti, chitarre, cajones (strumento a percussione). Allenandosi con tutti gli strumenti si diventa più fluidi e quando viene messa una base normale viene tutto più semplice, hai più abilità.
In generale, tuttavia, il flow in Spagna resta un gradino sotto le punchlines, giusto?
Sì, è vero, penso che il mio stile si adatti di più a FMS Argentina, dove il flusso è importante per cavalcare base e suoni con ritmi diversi. In Spagna sono necessarie rime più potenti, più riempite da insulti; il mio flow non è molto adatto. Ma questo per me è un bene perché mi differenzio: diciamo che sono l’unico in Spagna che cerca di portare qualcosa di diverso.
E i giudici apprezzano maggiormente i cambiamenti di flusso o l’insulto che fa urlare il pubblico?
Penso che il flow non sia ancora così apprezzato; se la punchline potente continua a ricevere maggior importanza, rappando con un flusso coinvolgente senza l’utilizzo di punchlines è molto probabile che tu perda.
È così solo in Spagna o anche in eventi internazionali?
In Spagna di più perché, ad esempio in Argentina, freestyler come Trueno vincono molti eventi portando questo stile: il flow viene valutato di più e persone e giudici sono più abituati a sentire quell’approccio alla strumentale. Ma penso che dipenda anche da come è strutturata la competizione.
Dipende anche da come è la battaglia, minuti o quattro quarti, giusto?
Sì, certo, io sono un gran sostenitore delle battaglie con i minuti, perché un minuto ti dà il tempo di esplorare e provare cose diverse sulla base, liberamente.
Quando hai iniziato a scrivere canzoni? Fin dall’inizio avevi intenzione di fare musica?
No no, non avevo mai pensato di fare musica, la mia intenzione è sempre stata quella di fare freestyle. Ho fatto canzoni, ma dal momento che non ho ci dedicato molto tempo e impegno, sono andato molto meglio nel freestyle che nella musica. Ad un certo punto, però, ho notato che stavo migliorando facendo musica e mi sono reso conto che era più appagante mostrare i miei sentimenti in una canzone che improvvisare. Ho quindi approfittato della visibilità che le battaglie mi hanno dato per fare il salto di qualità nella mia carriera musicale.
E il tuo stile nelle canzoni come lo crei?
È come sono per davvero, più sentimentale. I contest di freestyle non sono una cosa che amo, preferisco fare freestyle libero, lasciandomi trasportare dagli strumenti. D’altronde, una competizione del genere implica insultare gli altri e non è qualcosa che mi piace molto. Quindi nella musica posso mostrarmi per come sono realmente.
Parliamo delle donne nel freestyle. In Spagna ce ne sono molte?
C’è ancora molta strada da fare, ci sono alcune donne freestyler e alcune sono diventate riferimenti per altre come Sara Socas o NG. Ma c’è ancora molto da migliorare e, soprattutto, manca un vero punto di riferimento che si collochi nell’elite del freestyle, che faccia tacere chi sostiene che una donna non possa salire sul palco. Sarebbe molto bello averne una in FMS ma, ad oggi, nessuna è ancora arrivata ad un livello sufficiente per essere tra i primi dieci freestyler in Spagna.
È più difficile sfidare una donna? Devi stare più attento a quello che dici, immagino
Sì, penso che sia ancora più complicato, perché devi gestire le parole con molta attenzione: le persone sono abbastanza sensibili. Se facessi ora una battaglia contro una donna rapperei senza affrontare alcun tema delicato. Improvviserei sulla base e avrebbe vinto chi tra i due, lo avesse fatto meglio. Penso che questo sarebbe il modo migliore per affrontarla.
Consideri il freestyle un lavoro, è ciò che ti dà da vivere?
Sì, il mio stipendio viene dagli eventi da cui vengo pagato per partecipare. Più eventi fai, più soldi guadagni.
E vuoi continuare con questo lavoro? Voglio dire, continuerai a fare freestyle per sempre?
La mia intenzione è quella di dedicarmi alla mia carriera musicale poiché credo che la musica sia qualcosa di duraturo e che le battaglie siano più effimere. Abbiamo avuto la fortuna di essere nell’elite per molti anni e di rimanerci, nonostante l’arrivo di giovani sempre più forti. Sono sicuro che non mi dedicherò al freestyle per sempre, non mi vedo a 40 anni nei contest di freestyle ma, invece, a fare musica sì.
Chi è stato il tuo avversario più forte, la tua battaglia più difficile?
Penso che la mia ultima battaglia con Aczino sia l’esempio perfetto di come, a volte, nonostante tu dia il tuo meglio, non puoi vincere perché il tuo avversario è al suo massimo splendore. Sentivo che era impossibile raggiungerlo anche se stavo dando il massimo.
CmA
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