É un periodo difficile, lo sappiamo e lo sapete. Il freestyle in Italia è necessariamente quasi immobile e ne sentiamo maledettamente la mancanza.
Il coronavirus è ovviamente la causa primaria e a cui vanno attribuite quasi tutte le colpe. Impossibile organizzare eventi nei locali e spesso troppo complicato realizzarli anche all’aria aperta. Anche se Ya Know The Name, Outbreak, Rap My City, i vari contest pugliesi e qualcun altro- uniche competizioni organizzate – hanno forse dimostrato che qualche sforzo in più potesse essere fatto da tutti, sia organizzatori sia freestyler (magari rinunciando a qualcosa visto il momento).
Tiriamo, quindi, fuori qualche conclusione da questa quarantena+ estate:
- I contest online funzionano fino a un certo punto, già lo si sapeva e si poteva sospettare che non potessero davvero sostituire i contest classici. Ne abbiamo già parlato in questo articolo.Tuttavia, a mali estremi, estremi rimedi: quindi ben vengano se l’alternativa è far collassare il movimento in tempi di COVID.
- I contest totalmente senza pubblico fanno perdere tantissimo alle battle, anche tramite video. Al tempo stesso, però, sono un surrogato da non dimenticare per i prossimi mesi, perché riescono comunque a trasmettere qualcosa: il freestyler si può muovere nello spazio e attraverso la sua personalità rende lo spettacolo più godibile rispetto ai semplici contest online.
- La Puglia è stata sicuramente la regione con più movimento in questo periodo, sia per la partecipazione di Bruno Bug e Kyn al Ya Know The Name, sia per i The Hateful Eight e Tecniche Pezzente che sono stati organizzati nella punta dello stivale. Si candida facilmente per essere la regione di punta del movimento, con tanti freestyler giovani e bravi: oltre ai già citati Brunello e Kyn, anche Sparketti, RedRum, Chinaski e tanti altri.
- Gli show di freestyle, per quanto godibili, per quanto possano contare su nomi importanti, non hanno lo stesso appeal delle battle, soprattutto via video. Il freestyle ha bisogno delle battle per vivere, gli show possono essere un buon accompagnamento. In ogni caso, meglio di niente.
- Il freestyle è un movimento che sta crescendo, ma che non sembra ancora essere visto come “essenziale”. C’erano i modi e i mezzi per fare qualcosa in più, nonostante la crisi e nonostante la quarantena. Organizzare una battle in qualche parco o piazza, cercando di non creare folle, era forse fattibile, anche se ovviamente complesso.
- FEA, in questi ultimi mesi, si è dedicata maggiormente alle canzoni che al freestyle, facendo uscire due pezzi di gruppo (TRVL e All Starz) più svariati pezzi in singolo. Si è sentita tremendamente la loro mancanza all’interno della disciplina (nonostante Bruno Bug sia stato molto attivo e Hydra abbia partecipato al Ya Know The Name). Questo fa capire anche quello che oramai è il loro ruolo all’interno del freestyle, nell’indirizzare (anche attraverso i numeri e il seguito che già hanno) questo movimento.
- In generale, troppe critiche hanno subissato i primi tentativi di riattivare questo movimento in questi tempi difficili. I contest online, pur poco apprezzati da molti, avrebbero potuto evolversi e svilupparsi in qualcosa di più gradevole. Le critiche, in generale, fanno perdere la voglia, nonostante la buona volontà.
- Un augurio per il futuro: the show must go on. In maniera diversa rispetto al solito e magari perdendo qualcosa dal punto di vista dello spettacolo. Però bisogna andare avanti.