Opinione di un outsider – Tullo vs Drimer 2017

A cura di Gianluca Minuto

Capisci che un film è un capolavoro quando la gente in sala rimane seduta, in silenzio, anche coi titoli di coda. Capisci che un comico è fenomenale quando nessun applauso lo interrompe, solo le risate incontenibili.

Ho capito che questa battle è un qualcosa di incredibile nel momento in cui ho iniziato a imprecare contro le grida del pubblico che accompagnavano la chiusura di una rima più bella dell’altra. Certo, essere lì in live dev’esser stata un’emozione così intensa dal non riuscire a trattenersi dall’esplicitarla. Quindi vi perdono, a ‘sto giro. Un denominatore comune lo troviamo in tutti i confronti che ci vengono in mente, anche per il capolavoro di Tullo e Drimer. Ecco il link della battle.

Salve a tutti, sono di nuovo quello che non capisce un cazzo di freestyle ma che ama scriverci su. In fondo per me è una scoperta, prendetelo come un diario di bordo.

Nell’ultimo articolo che ho scritto avevo spesso comparato il freestyle a un duello a fil di spada, a una danza oratoria della morte. Ecco, questa sfida credo si possa accostare senza alcun timore ai più celebri scontri dell’epica umana. In principio m’immaginavo Ettore e Achille, Enea e Turno, Zequila e Pappalardo. Poi sono passato a un quadro più ampio in cui i due davano vita a una cosmogonia del freestyle sulle orme di Odino e fratelli contro Ymir (non conoscete la mitologia norrena? Male. Molto male), di Zeus contro Crono o dei Valar e Morgoth.

Infine mi son detto che era troppo banale identificare Tullo o Drimer nel villain epico di turno, quindi l’analogia calzante era forse qualcosa di più tarantiniano: L’Orlando furioso, dove i due artisti impersonano allo stesso tempo l’eroe della Canzone facendo a pezzi stereotipi e caricature del freestyle in un mare di sangue e sadica bellezza.

Ora, parliamoci chiaro: questa è arte. Questa è cultura resa alla portata intellettiva di tutti. È un incredibile trip culturale di cui ammiro un aspetto in particolare: il denominatore comune. Certo, mi direte voi, le rime per incastrarsi devono essere collegate da un qualcosa. Ovviamente sì. Ma quante altre volte vi è capitato che l’anello di congiunzione fosse Odoacre, Publio Quintilio Varo, I Promessi Sposi, Didone e i Fratelli Karamazov? E badate bene, ne ho riportati solo una minuscola fetta.

Chiaramente non mancano tematiche più leggere ma pur sempre geniali. Dai, qual è il denominatore comune tra l’Aids e la briscola? Il seme, che cazzo!

Io mi rendo conto di star scrivendo, con buona probabilità, delle ovvietà per chi mastica freestyle. Questo non lo metto in dubbio. Ma c’è un lato del prisma che forse (anzi, sicuramente) merita l’attenzione di tutti: l’aspetto culturale che diviene chimera. L’eccellenza artistica che soprattutto noi italiani abbiamo ereditato trasmessa su una base con rime che ti esplodono dentro più delle granate inghiottite dai giapponesi che non si volevano arrendere agli yankee settant’anni fa. E questo già si vede in altri artisti, uno su tutti Murubutu, il professore. Ma tanti altri insieme a lui.

E attenzione, questo filone rap-culturale ha una grandissima caratteristica: non si snaturalizza. Mi spiego, è sempre una bomba perché sa alternarsi. Quando Tullo spara in faccia a Drimer con Ho fatto piangere una prostituta. Le ho detto ‘tuo figlio è Drimer!’, Dio non t’aiuta è venuta voglia di esultare anche a me, che stavo davanti a un monitor e cercavo di appuntarmi tutte le citazioni ai fasti del passato letterario e artistico dell’umanità che riuscivo a captare. Un gioco a incastro perfetto come in un bellissimo racconto steampunk in cui gli ingranaggi girano e sbuffano in sincro. Stesso discorso con Drimer, che a mio parere alza ulteriormente l’asticella con le rime teutoniche Südtirol ist nicht italien und Tullo ist nicht rapper (con buona pace degli amici tedeschi per la sintassi). Tutto combacia perfettamente, addirittura due idiomi diversi.

Ho interrotto il video quando han finito di cantare. Non so chi abbia vinto (sospetto Tullo) ma a me bastava così: venti minuti di battle, venti minuti di tempo guadagnato.

Quindi d’ora in poi, quando sentiremo il fenomeno di turno esibirsi nel sempre celebre Ma a che cazzo serve studiare i Promessi sposi? sapremo tutti quanti cosa rispondere: A spaccare, cazzo!

CmA

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