Parody Freestyle: perché piace e perché non piace

Un modo di fare freestyle che raccoglie pareri positivi sui social, ma che viene disprezzato da parte della scena

L’11 settembre 2023 esce su YouTube la sfida Catalano vs Gebra, della quinta edizione del Premio Capitano ed. Sansovini. La battle in questione ha attualmente quasi 9k di views, un numero non esagerato, ma considerevole per quello che è il mondo del freestyle, per la durata di quasi 40 minuti e per i nomi coinvolti. I commenti sotto la battle sono entusiastici e a inizio ottobre avviene l’inaspettato: in base ai voti del pubblico, viene candidata fra le sfide del mese di Freestylerapitaliano e vince il sondaggio con una maggioranza bulgara. Un qualcosa di clamoroso, perché una sfida “di questo tipo” non aveva mai coinvolto così tanto il pubblico online e non aveva mai ricevuto così tanto credito. Partendo da questo antefatto, proviamo ad analizzare questo fenomeno: capire perché il modello è piaciuto e come si potrebbe adattarlo per renderlo accettabile da tutti.

Cos’è il Parody Freestyle

La sfida fra Catalano e Gebra inizia con Dr. Jack (host semplicemente perfetto per il contesto) che ci spiega com’è nato questo “Premio Capitano”, da un’idea di Rin e John Durrell stesso, ripreso dal Premio Pasticcione creato da Shekkero, probabilmente la prima forma di Parody Freestyle. Ma cos’è il Parody Freestyle? Una forma di improvvisazione basata in parte sul nosense, in parte sulle canzonature del freestyle classico e soprattutto della “tecnica” del freestyle. Non interessa saper stare a tempo, chiudere le rime e fare punchline argute, anzi questi “modelli base” del freestyle vengono presi in giro. Fare extrabeat – male – suscita l’urlo della gente proprio perché è una parodia degli extrabeat che si vedono spesso nelle battle. Doppi sensi, wordplay, incastri: tutto questo viene ripreso con una tonalità comica, esagerata e – appunto – parodistica. Bisogna anche dire che non tutto è parodia: alcune punchline (di Gebra ad esempio) potrebbero funzionare anche in contesti diversi. É ovviamente fondamentale il pubblico: è il modo in cui gli spettatori interagiscono ed esultano con i partecipanti a ravvivare le sfide e renderle divertenti, creando un ambiente fuori dal mondo competitivo del freestyle, in cui il gioco sta nell’uscire dagli schemi del freestyle originale. Abbiamo scelto il nome riprendendo il titolo di un format americano chiamato “The Rap Battle (Parody)” con protagonista Supahot Fire – di cui tutti conoscerete la faccia per i meme – in cui utilizza uno stile simile per sfidare letteralmente chiunque (ecco il link alla sua sfida con Chris Rock).

Perché piace?

Partiamo con una premessa: non sempre il parody freestyle viene fatto bene e non è facile che funzioni. Si deve riuscire a rompere le dinamiche del freestyle, cercando di non seguire le orme dei freestyler più famosi se non per canzonarle. É difficile per i contendenti tirare fuori l’esagerazione e la “follia” che richiede questo “genere”, che non può venire fatto al 50%: bisogna donarsi completamente alla mattanza perché funzioni. Proprio questa esagerazione è quello che rompe con il freestyle originale e che fa divertire la gente, insieme a tutto il contesto che si crea. Un extrabeat fatto male verrebbe disprezzato e non riceverebbe urli all’interno di una sfida normale, ma viene acclamato in queste battle, in cui c’è quasi l’esigenza che i contendenti tirino fuori la loro “fail skill“. Gebra e Catalano sono appunti gli esponenti principali di questo modo di improvvisare: il primo ha anche ottenuto risultati importanti in qualche contest, ma si è saputo perfettamente calare nella parte. Il secondo, quasi impersonifica questo genere per attorialità, nosense e modi di fare, oltre ad aver portato modalità che seguono questo filone nelle battle che organizza, le Verace Battle: fare freestyle ballando la mazurka o mentre si fanno le flessioni.

Perché non piace?

Ha tanti detrattori perché ridicolizza il freestyle: diventa un ambito in cui si sovvertono i valori e può facilmente non venire compreso. Il problema è la sua poca serietà, che rischia di far passare in secondo piano tutto l’allenamento, la tecnica, l’abilità che ci vuole per eccellere in questa disciplina. Il rischio è che vedendo una battle di parody freestyle e “confondendola” con una sfida di freestyle vero, si tenda a svalutare la disciplina, perché essa viene valutata dalla sua versione parodistica. Ed è un rischio che ha un senso, perché non tutti seguono il freestyle e non conoscendone le dinamiche potrebbero non comprendere la sua “presa in giro”. Come se – facendo un paragone con i film – si valutasse il genere horror senza aver mai visto un horror, ma da un film come Scary Movie, che lo prende in giro. O il genere rap da una strofa di Trucebaldazzi o Manuto.

Soluzioni

La soluzione è semplice: non chiamarlo freestyle, ma utilizzare il termine con cui abbiamo appunto intitolato il nostro articolo: parody freestyle. In questo modo sarebbe comprensibile per tutti che si è in una disciplina – che riprende il freestyle a livello di improvvisazione su dei beat – ma in cui ci sono dinamiche completamente diverse da quelle di una normale sfida. Verrebbe valutato in modo diverso, concepito in modo diverso e sarebbe un sottoinsieme del freestyle, come ne esistono in tante altre discipline. Esiste il comedy wrestling, esistono i film parodia, esiste il rap parodia. Esiste anche il freestyle parodia. L’importante è saperlo differenziare dall’originale, che è splendido nella sua arte e nella sua complessità.

CmA

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