Arricchire la creazione musicale di valori, utili soprattutto a se stesso per quello che la musica stessa ti può dare, al di là dei soldi. Lethal V ci è sembrato questo, un personaggio che lotta e dà tutto per imporsi in un mondo da cui ha sempre ricevuto molto sul piano emozionale. Tanto tanto impegno per stare al livello, nonostante debba necessariamente guadagnarsi da vivere lavorando, attraverso turni estenuanti. Una storia super interessante, che volevamo raccontare attraverso quest’intervista. Per chi non lo sapesse, Lethal V è membro di FEA, ha vinto il Tecniche Perfette nel 2013, ha partecipato a MTV Spit e a due Mic Tyson, ma da qualche anno si concentra prevalentemente sul fare uscire le sue canzoni.
Come hai iniziato a fare freestyle?
Nel 2002, in prima superiore, in classe avevo un ragazzo di due anni più grande di me, sotto con il rap e che veniva da una famiglia benestante: poteva permettersi cose che io non potevo neanche immaginare all’epoca. Un pomeriggio sono andato da lui, lui e suo fratello erano già molto bravi a fare freestyle. Da lì in poi mi sono chiuso in casa, allenandomi come un pazzo. Poi in realtà, da quel giorno a quando ho deciso di partecipare ai primi contest sono passati diversi anni.
Perché hai aspettato diversi anni prima di metterti in mostra?
Dove vivevo (vicino a Gallipoli) non c’erano battle. Quando poi mi sono trasferito in Veneto, nell’adolescenza, venivo visto un po’ male per come mi vestivo e per il mio atteggiamento. Mollai un po’ il colpo, cioè continuavo a fare le mie cose, ma in cameretta. Poi per una serie di circostanze della mia vita a 18 anni mi sono trovato ad aggrapparmi alla musica, come se fosse la mia ancora di salvezza. Da quel momento in poi, mi sono dedicato a freestyle (inizialmente soprattutto quello) e testi.
Inizialmente, preferivi il freestyle alle canzoni?
Sì, ma fin dall’inizio ho avuto l’idea di fare canzoni. Sono stato sempre molto affascinato dal rap, perché avevo uno zio molto giovane che lo ascoltava, quindi già quando avevo 10 anni sentivo le prime canzoni rap, reggae e raggamuffin. Testi già ne scrivevo da bambino, come valvola di sfogo, una specie di diario personale della mia vita. Tuttavia, credevo molto poco in me a livello di testi, ho acquisito una consapevolezza delle mie doti nel corso degli anni anche grazie a quello che era il mio livello nel freestyle.
Ti allenavi molto nel freestyle?
Tantissimo, passavo ore da solo in camera a fare freestyle sulle strumentali. Cercavo fluidità nei versi, di prendere bene il beat e quindi inconsciamente stavo sviluppando il mio flow. Attraverso quello ho iniziato a rendermi conto di quelli che erano i miei punti di forza e le mie debolezze. Per me il freestyle era flusso di coscienza, non sono mai stato in grado di impostarlo a seconda delle persone che affrontavo. Cercavo di leggere le situazione, ma vengo da una scuola di freestyle diversa rispetto a quella delle punchline. Io penso che le persone con cui ti confronti – quindi anche in base alla zona – cambiano proprio il tuo approccio al freestyle e al modo di fare rap. Anche perché se mi danno un beat su cui scrivere, lo provo inizialmente in freestyle: avendo un certo stile nel freestyle questo si riflette sulle mie canzoni.
Qual è lo stile di freestyle veneto?
Non c’è. Il Veneto è una fucina di freestyler notevole, ma con stili molto diversi, potevi beccare un Flesha con uno stile basato sul flusso, come potevi beccare un Feddini che va molto più sulle punchline. Forse quello che ci accomuna è lavorare molto sulle immagini e mettere frasi ad effetto, come dimostra anche il tipo di freestyle che fa Nitro. Non devono essere per forza essere punchline mirate tipo “sei talmente stupido che” o “tua mamma è”. Se fai una punch sulla mamma in Veneto e il freestyler ti risponde “sei un coglione, ancora fai rime sulla mamma” viene giù il posto. A Milano, se fai una rima sulla mamma viene giù il posto. Anche il pubblico, insomma, incide sullo stile.
Fin da subito hai dimostrato qualità nel freestyle?
Non mi sono mai sentito super portato, questa è sempre stata una mia lacuna. Però ho sempre cercato di tirare fuori il massimo dalle mie capacità e questo è stato un vantaggio invece. Nel 2010 sono arrivato come signor Nessuno alla prima battle (organizzata da Dj MS) che si chiamava Knockout Freestyle Battle: ho battuto Nitro e ho vinto. Probabilmente, anche l’essere arrivato dal nulla e con tutto da dimostrare mi aiutò a vincere.
Come gestivi la pressione?
La pressione la subivo, ma lo facevo volentieri fin quando non è diventata leggermente malsana. Malsana nel senso che me la vivevo male, sentivo più pressione che divertimento e anche questo mi ha portato a concentrarmi al 100% sui dischi.
Il Tecniche Perfette che hai vinto (2013): come l’hai vissuto e che emozioni ti ha dato?
Fu il raggiungimento di un traguardo importante nella mia carriera, quando io ho iniziato i miei punti di riferimento erano Tecniche Perfette e 2thebeat. L’ho vissuta con un sacco di ansia, perché sentivo il peso della situazione. E’ stato un Tecniche atipico, perché era Tecniche Perfette-Pass the Mic, cioè in caso di spareggio gli mc si esibivano in strofe. Ho avuto l’occasione di giocarmi qualche asso nella manica, con qualche bella strofa. Avevamo il pubblico attorno, la situazione era un po’ strana. Non mi ha dato molta visibilità, anche perché all’epoca i social non erano quello che sono oggi.
Come fu la tua esperienza a MTV Spit?
Non è stata delle migliori. La nostra edizione era quella con meno budget e si cercavano molto di più i personaggi che gli artisti. Tanto che se ascolti quello che dissero alcuni dei giudici e poi i voti che diedero successivamente, ti rendi conto che c’è qualcosa che non torna. Era una situazione molto diversa rispetto a quella di una battle normale, con spezzoni pubblicitari, telecamere e ritmi diversi.
Sentivi molta pressione?
Sì, soprattutto per i lanci e i modi di gestire le battle. Era una pressione, come dire, nuova.
I due Mic Tyson a cui hai partecipato: facevi ancora battle in quel periodo?
No. Io sono stato iper-attivo nel freestyle dal 2011 al 2015, fra Battle Arena, Masters of Battle Arena e tante altre. Ho iniziato ad avere un approccio diverso con la musica con il mio primo disco, un disco tributo ad Apollo Brown, perché avevo iniziato a rappare sui suoi beat e le sue basi erano riuscite a farmi aprire quasi al 100% sul beat. A fine 2015 ho deciso di mollare le battle perché tenere un livello alto nelle battle richiede tanto tempo e tanto allenamento e richiede un altro tipo di percorso: anziché andare a vedere un concerto di un rapper forte e “studiarlo”, per imparare qualcosa su come si comporta sul palco, devo presentarmi alle battle per tenere alto il nome. A un certo punto, mi sono reso conto di voler fare i dischi e volermi staccare dall’etichetta di freestyler, che alla lunga non riesci più a scrollarti di dosso.
Quindi perché hai partecipato al Mic Tyson?
Perché era la battle più grossa mai fatta in Italia.
Poi era a casa tua…
Quello è stato più uno scoglio. Conosco benissimo le persone che organizzano Mic Tyson (Nitro e Dj Ms sono vicentini come Lethal V ndr) e so che lo hanno organizzato per amore verso questa disciplina. Quindi, essendo molto vicino a loro, sapevo che per vincere avrei dovuto fare il triplo rispetto agli altri, perché sono persone talmente corrette che non avrebbero dato modo a nessuno di pensare che mi avrebbero/avessero favorito.
Ti sei ritirato dalle battle?
Si, poi mai dire mai. Comunque continuo a praticarlo e, ovviamente, essendo dentro FEA e portandolo agli show, lo supporto al massimo.
A che punto pensi di essere del tuo percorso musicale?
Penso di essere a un punto in cui ho acquisito una maturità che mi permette di fare quello che voglio, senza pormi limiti di alcun tipo o senza farmi problemi su quello che potrebbe pensare l’ascoltatore.
So che lavori tanto e questo ti toglie tempo per la musica. Quanto pensi che ti crei problemi a livello di crescita musicale il fatto di non avere troppo tempo?
Su questo discorso, essendo io un Gemelli (ride), ho una visione di due tipi. Il fatto che io possa reggere il confronto, nonostante io abbia molto meno tempo, mi fa pensare che al pari di possibilità (tempo dedicato) con gli altri io darei molto di più. Vado fiero della mia determinazione. D’altra parte, per fare musica io devo lavorare. Per fare diventare grosso un progetto, lo devo poter sostenere da un punto di vista economico e per fare questo devo guadagnare. Sono fiero di quello che faccio e so che altre persone nella mia situazione non reggerebbero nemmeno un mese.
Perché non hai ancora sfondato?
Guarda, non lo so, probabilmente non ho ancora concepito un prodotto di qualità così tanto alta che risulti insindacabile. Non sono ancora riuscito a chiudere un progetto che sia alla portata di tutti e che sia fruibile a categorie diverse di persone.
Quando fai musica cerchi di esprimere più te stesso o fare un qualcosa di fruibile?
Faccio quello che voglio, anche se mi faccio un’idea (come è normale) di quello che la gente vuole, se no verrebbe fuori un prodotto copia incolla di qualcosa già sentito. Io cerco di portare il mio, cercando di renderlo più appetibile semplificando alcune cose. Questo fa parte del mio percorso artistico: ho riempito di un livello tecnico i miei pezzi, negli scorsi anni, raggiungendo un punto di saturazione e mi sono reso conto di come dovessi alleggerirla. Però la mia scrittura rimane quella e non mi metto a scrivere quello che vorrebbe qualcun altro per fare quattro soldi.
Prossimi progetti?
Uscirà un mio EP durante l’estate e un disco dopo l’estate. Sono stato molto attivo ultimamente.
La tua battle migliore e il tuo avversario più ostico?
L’avversario più ostico è Mouri, perché siamo completamente diversi e perché le due occasioni in cui l’ho incontrato ho perso. Battle più figa: End of the Weak Italia, a Bologna. Vinsi a Bologna e sono andato a fare la finale italiana con Mouri, Don Gocò e Saso. Facemmo questa battle fighissima a 4 in cui non ci si poteva offendere, né bestemmiare. E’ stata una delle battle più affini a me, per le mie qualità e per il tipo di freestyle.