Intervista a Kid Kontrasto aka Keso

Un personaggio che spinge inevitabilmente a prendere posizione. Kid Kontrasto aka Keso è così: sembra fottersene di quello che è più conveniente fare, è spesso fin troppo diretto per la società attuale, in cui si mettono regole di comportamento a tutto, anche al freestyle. Lui è spesso spocchioso, dice quello che pensa senza filtri ed è perciò diventato il vero villain del freestyle per tante persone. Al tempo stesso, nella sua crudezza si evince il suo profondo rispetto per una disciplina a cui ha dato/che gli ha dato tanto, che lo porta a lottare e a esporsi affinché ne vengano preservati alcuni valori per lui essenziali. Fregarsene delle mode, dell’apparire simpatico, per salvaguardare ciò che più gli sta a cuore. Un comportamento che ha portato tanto hating nei suoi confronti, tema di cui parleremo nell’intervista.

Per quanto riguarda i suoi successi, Keso è un cinque volte finalista al Tecniche, è stato su tutti i palchi più importanti in Italia (Mic Tyson, Tritolo, Fight Club…) ed è il fondatore di All Bars Game, format rivoluzionario che sta ricevendo enormi consensi.

Astenendoci dal dare giudizi su persona e personaggio, ma comunque chiarendo il fatto che bisogna sempre distinguere le due cose, abbiamo provato a capire qualcosa in più su chi è Kid Kontrasto, su quello che pensa e su quella che è stata la sua evoluzione.

Come hai iniziato a fare freestyle?

Ho iniziato per caso a L’Aquila, nel 2003-2004, avevo 14-15 anni. C’erano le prime crew, i primi movimenti di ragazzetti qui e ho iniziato con alcuni amici. In città eravamo divisi fra truzzi e zecche (alternativi), ci sfottevamo le mamme e da questa cosa fra quattro gatti è nato il freestyle. Ci siamo organizzati uno street contest nel 2005 che si chiamava Show Tha Flow, arrivando massimo al numero per fare i quarti di finale. Da lì abbiamo iniziato a girare, ma c’erano pochi contest e i pochi che c’erano erano grossi, quindi non riuscivi a superare le selezioni. Eventi solo per freestyler c’era praticamente nulla, erano più manifestazioni collaterali alle jam

Perché pensi che fra Marche e Abruzzo, considerando i vari Kenzie, Morbo, Dr Jack, tu e anche gli attuali non sono da meno, ci sia sempre stato un livello alto per quanto riguarda il freestyle?

Penso che sia tradizione, derivante probabilmente dalla Riviera Romagnola fra Uomini di Mare e Kmaiuscola, che arriva anche fino a Bologna, una certa predilezione per il flusso, con una concezione del freestyle più discorsiva rispetto alla punch ignorante, derivata probabilmente da questi modelli. A livello di scrittura di rap invece eravamo figli di Lou X e di Costa Nostra, metti tutte queste cose insieme e ne esce una roba molto grezza e attitudinale, ma al tempo stesso molto dedicata al flusso che ti dà la sensazione di movimento. Poi per me il primo comandamento del freestyle era “quando parti non ti devi fermà mai”.

Parliamo della tua carriera: pensi che ti saresti meritato di più a livello di com’è stato visto il tuo ruolo nella scena?

C’è stato un periodo in cui io riuscivo tranquillamente a campare di battle. In un mese, se mi andava bene potevo arrivare a farmi 800-900 euro. Poi arrivando quelli nuovi, giustamente ti prendono le contromisure, sono usciti i vari Shekkero, Dr Jack, poi Bruno Bug, ecc… Il mio miglior periodo l’ho raggiunto quando purtroppo non c’erano video o altro. Poi ovviamente l’obiettivo di tutti è quello di vincere un Tecniche o un Tyson e penso che lì qualcosa in più mi poteva forse essere riconosciuto. Comunque sono 10 anni che sto al top, anche se spesso ce ne si dimentica.

Nonostante l’evoluzione del freestyle, continui a portarti a casa battle (Showdown, Fernet Barrio, Pochi Spicci). Pensi che sia dovuto al fatto che riesci a evolverti costantemente o è il tuo stile che “funziona sempre”?

Penso che la roba che c’ho in più io è l’attitudine, il mio plusvalore, perché poi su tutto il resto ti ci puoi allenare. A volte mi sembra non venga compresa questa cosa o venga sottostimata.

Parliamo invece del tuo più grande successo da organizzatore: com’è nato l’All Bars Game?

Mr Nasty – che sta in crew con me – mi ha introdotto al freestyle americano e ho scoperto questo mondo. All’inizio dicevo anch’io “ma perché non c’è il beat?”. Poi ho capito che il fatto che il beat non ci fosse dava un’ampiezza maggiore al verso. Il freestyle si stava distaccando da quello che era il rap, sia quello scritto che quello ascoltato: alcuni freestyler nemmeno si ascoltavano il rap, solo le battle. Questa roba sinceramente non la sentivo mia: battle solo in 4/4, un certo mood solo orientato alla sfida, presi male sulle battle, non ci puoi parlar di dischi. Non avevo questa sensazione di evoluzione. Poi 3 anni dopo, durante il Covid, ho proposto ai ragazzi di FEA di fare dirette Instagram in cui ci sfidiamo strofa vs strofa, per reindirizzare la roba verso il rap. Non siamo riusciti a organizzare, quindi ho deciso di tirarla su io. Ho chiamato i primi, chi mi ha detto di no, chi mi ha detto di sì, ho dovuto convincere qualcuno. Mi sono accollato tutte le spese, per essere il cambiamento che volevo vedè. Io sono sempre stato sicuro che i ragazzi avessero quel qualcosa per farlo bene.

A livello di organizzazione, è stato particolarmente complesso?

Ci ho messo tanto tempo, per tante motivazioni, ma forse la complicazione maggiore è stata trasmettere un messaggio. Secondo me le battle escono bene quando gli mc si divertono, far capire ai ragazzi che “less is more”, senza la pressione della battle di freestyle. Trasmettere quel messaggio è stato fondamentale per farlo uscire bene.

Differenza di pressione fra freestyle e All Bars Game?

Dipende molto dall’abitudine alla performance, c’ha un altro tipo di stress, tipo “se non me la ricordo”, “se esce male”. Se non te la ricordi va male, ci sono state delle persone che anche nello studio (off camera) si sono dimenticati la strofa e l’hanno dovuta rifare da zero. Dal vivo uguale e forse c’è una pressione persino maggiore rispetto al freestyle per quanto riguarda questo. Per l’All Bars Game devi ampliare il tuo bagaglio di skills, per come ti muovi sul palco, come vuoi dire le cose, tono di voce… tutte cose che riguardano le performance live e che possono andare più o meno bene. L’interpretazione diventa fondamentale e anche quella crea pressione.

Qual è la battle che ti è piaciuta di più?

Durrel vs Drimer penso sia quella che ha raggiunto i picchi più alti. Poi ovviamente fare la mia è stata molto divertente, anche se non farò molte apparizioni in questo format, devo avere un motivo. Sto cercando di trovare un exit strategy dal mondo delle battle e vorrei consolidare più la mia figura come host e come giurato.

Immagino che per “motivo” intendi una situazione come quella con Arcy?

Io sono uno che scrive molto di pancia e il mio rap vive di emozioni. Con Arcy non ho nulla contro personalmente, è una situazione che è capitata, con i freestyler nuovi che sono venuti a tirarci un po’ i piedi, io sono uno con una concezione per cui va bene l’evoluzione, ma anche con un’idea del rispetto molto “zoccolo duro”. Per me era una cosa molto naturale che rimanesse nel discorso competitivo, di rime.

Secondo te c’è stata una mancanza di rispetto della new gen rispetto a voi?

Per come è stata vista la cosa, sembrava quasi che fossimo noi i cattivi che cercavamo di spiegare delle cose a loro. Secondo me non sta in cielo né in terra che nel momento in cui io ti dico “stai a fa na cagata”, tu inizi a lanciare frecciatine e continui a fare del beef per tanto tempo sulla cosa. E io lo accetto, tu puoi anche essere convinto che io sia il boomer di turno e che tu sia più forte. Poi però la performance è la performance. E nella performance si vede davvero qual è la verità e quale la bugia.

Polemica sul freestyle ispanofono, qual è la tua posizione?

Io mi guardo parecchio intorno e ho visto diverse sfide loro. Intanto è impossibile non rimanere affascinato da impiantoni, ledwall, tantissimo pubblico, ecc. Il mio/nostro discorso era più che altro identitario. Copiare quella roba stilisticamente, non significa avere quella roba che c’è lì intorno. Nel momento in cui il discorso era “se noi facciamo come questi, puliamo il freestyle in questo modo, faremo quel tipo di claim che c’è intorno al movimento latino” ti dico “sbagli”. Da un po’ più vecchio, in maniera un po’ cruda (ma è rap ragazzi), ti devo dire che quello che fai manca d’identità e organizzazione. E senza queste due cose, non arriveranno nemmeno i fuochi d’artificio che ti piacciono tanto. Bisogna guardare la cosa a 360°. D’altronde l’unico evento fregno che è stato organizzato da quel tipo di filosofia è stato questo qua di Parma (Battle fra Regioni ndr).

Figo comunque ci sia stato un confronto di questo tipo attraverso scambi di rime.

Mi sembrava giusto. Se avessi voluto fa lo stronzo Arcy ad All Bars Game non aveva senso. Ma d’altro canto è l’mc dell’anno, sta portando delle idee diverse nel freestyle, creiamo questo confronto. Poi io sono anche mega pro questa roba che stanno creando in Toscana, con la gimmick dei poeti si stanno creando una loro identità e un loro filone (Rhymessance ndr). Però nel momento in cui tu mi dici “da adesso in poi si fa così, perché voi avete sbagliato e abbiamo ragione” io intervengo.

Cosa ne pensi dell’andare sul personale? Secondo te sul palco si può dire tutto?

Secondo me in battle si va come sul patibolo. I limiti se li crea colui che sta rimando. Tu puoi dire tutto quello che ti pare, purché tu sia consapevole che poi te ne devi accollà le conseguenze. Se dici una cosa sgrava e pigli un cazzotto in faccia, te ne assumi le conseguenze. Non è una zona bianca dell’educazione il palco, è un posto in cui porti una tua identità artistica. Però se entro in battle per “annichilire” l’avversario come contro Arcy, posso farlo, ma devo essere disposto ad assumermene le conseguenze.

Discorso hating nel freestyle, visto che ne hai subito tantissimo dopo la battle con Shame, cosa ne pensi?

Io ho sempre subito hating, dopo la battle con Shame diciamo che si è raggiunto il picco. Allora intanto il pubblico è il pubblico, a te deve (purtroppo) interessare marginalmente. Io sono stato sempre preso di mira fra Hydra col discorso del boomer e Blnkay con “Keso che…”, sono state pesanti. Il nostro è un ambiente piccolo, già sono pochi a parlà, se poi vuoi mutare i pochi che ci sono, non parla più nessuno. Poi c’è l’hating fra gli addetti ai lavori, che – quando c’è – io penso che avvenga perché qualcuno se l’è cercato con atteggiamenti o azioni scorrette. Poi è giusto che uno si rende conto che se sali sul palco entri in questo gioco, come anche chi sta dietro la tastiera dovrebbe rendersi conto di certe cose, anche se il mondo di Internet non è così purtroppo. Io poi sono uno che si atteggia molto da gradasso sul palco e questo porta a hating nei miei confronti.

In generale, qual è l’avversario che fai più fatica ad affrontare sul palco?

Shekkero e Hydra. Sono quelli che a livello di personalità patisco di più, anche se con Shekkero sono ancora in positivo sul parziale. Loro hanno portato cose nuove che sono diventate il trend e diventa più difficile batterli anche per quello.

Qual è la tua miglior performance in carriera?

Contro T-Rabbia al Mic Scrauso a livello di freestyle, per attudine quella battle era l’anticamera di quello che può essere un All Bars. Per il pubblico contro Bles. In generale, quella contro Arcy penso sia la mia performance migliore in una battle.

Fra 5 anni chi saranno i volti nuovi nell’Olimpo del freestyle?

Higher sicuramente. Vediamo poi che piega prende il freestyle, perché davvero manca gente che sa rappare e il freestyle sembra diventato la sagra della punchline. Penso che se nei prossimi due anni uscirà gente che sa rappare potrà fare la differenza. Purtroppo Crytical ha preso un’altra strada. Anche Mumei e Kylian non mi dispiacciono. Sembra che ci si orienti sempre più verso carriere flash, mentre la carriera comunque si valuta alla fine, a 20 anni è la bellezza degli asini, i cavalli di razza si vedono all’arrivo.

CmA

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