Dietro un personaggio, c’è sempre una persona. Shame è sicuramente uno dei rapper più discussi dell’intero panorama del freestyle italiano. Questo parlare molto del suo personaggio ha dato adito a credenze e dicerie sul suo conto, senza che lui abbia mai ufficialmente avuto la possibilità di fornire la sua versione dei fatti (a parte quando fa freestyle). Il nostro obiettivo era scavare per conoscere meglio la persona Shame e comprenderne azioni, scelte e modo di pensare.
Come hai iniziato a fare freestyle?
Avrò avuto 13-14 anni, già scrivevo cose per conto mio e mi piaceva un sacco la poesia, esternare attraverso parole le proprie emozioni. Quando ho scoperto il rap e di conseguenza il freestyle, mi sono subito innamorato e ho iniziato a praticarlo molto. Purtroppo, essendo cresciuto nella sperduta provincia di Cuneo, non c’era nessuno che ai tempi lo facesse e l’ho fatto per molto tempo da solo, ovvero allo specchio o facendomi dare argomenti dagli amici. Nel 2014, a 20-21 anni ho iniziato a fare le battle.
Fai anche poesia? Quindi preferisci scrivere rispetto a fare freestyle?
Non direi che faccio poesia, direi che scrivo cose non finalizzate alla musica. Per la seconda domanda: no, penso che mi venga più naturale fare freestyle.
Riuscivi a mantenere una routine di allenamento e che modalità usi per allenarti?
Vado molto a periodi: a volte lo faccio ogni giorno, a volte non lo faccio per una settimana e poi mi faccio 4 ore. Ovviamente è meglio la costanza. Una cosa figa che secondo me viene poco considerata è ampliare il lessico, questo permette di non chiudere sempre con le stesse parole, creare rime che nessuno si aspetta ed esprimere al meglio il significato di quello che vuoi dire. L’allenamento per questo è sia il classico consiglio della nonna, veritiero, di leggere tanto, ma anche il monorima. Mi spiego: il monorima non ti permette di scoprire parole nuove, ma di trovare parole che altrimenti non useresti e che magari non senti dire da tantissimo tempo. In questo modo, se il mio avversario me la chiude con una certa parola, io ho già pronta in testa la parola che faccia rima.
Sei più istintivo o più tattico durante le sfide?
Vado sempre molto a istinto, però a seconda dell’avversario cerco di fare certe giocate. Non sono pensate prima. Per esempio, una cosa che mi piace sempre fare è tener testa all’avversario nel suo campo, in realtà non so quanto sia vincente, perché le battle che ti cito le ho quasi tutte perse. Però con Shekkero a fargli gli anagrammi, con Tullo a metterla sulla cultura, con Hydra la seconda volta al Tecniche a fare apposta l’ignorante, con Blnkay sulle metriche elleniche.
Perchè stai partecipando a meno contest?
Ci sono più fattori che influiscono. Sicuramente, una cosa rilevante è il dover finire il disco, per cui mi sto concentrando di più sulla scrittura o facendo weekend in studio. Poi ho praticamente un live a settimana e questo mi mangia tanto tempo. C’è sicuramente, però, inutile negarlo, un lato più psicologico: il freestyle lo amo, ma ci sono alcune situazioni nel contesto della battle che non mi piacciono molto.
Quali?
Non è il discorso cachet o quante persone ci sono sotto al palco che mi interessa, ci sono altri problemi. Per esempio, preferisco una battle da 50 euro con Morbo e Blnkay in giuria che una Batalla de los Gallos che ha in giuria, che ne so, Gattuso. I giurati troppo spesso sono persone che sanno troppo poco di questa cultura. Il problema è che spesso funziona che la serata standard contatta un freestyler famoso per fare da giudice. Poi però non ha soldi per permettersi un altro rapper come giudice e allora quello che organizza si mette in giuria o mette Pino il beatmaker a fare da giudice. E questo fa andare varie sfide a puttane. Mancanza di serietà a meritocrazia.
Gli haters hanno un’influenza in questo tuo “distanziamento”?
Sì, nel senso fin quando si limita a una cosa virtuale (tipo commenti su YouTube), me ne sbatto. Ma quando inizia ad essere più fisica/reale, nel senso che c’è una curva che urla palesemente contro di te (soprattutto nelle serate con poca gente), influisce sulla tranquillità con cui faccio freestyle e toglie divertimento alla cosa. Questo ha sicuramente pesato. C’è bisogno di meno faziosità, per esempio non ha senso chi dice “ascolto Shame, non ascolto Drimer”. Non mi vuole dire nulla una cosa di questo tipo. Poi ci sono altri comportamenti che non mi piacciono, soprattutto nei confronti dei freestyler col nome: mitizzare l’MC forte e urlare anche se non sta dicendo nulla o, al contrario, scatenarsi appena l’underdog che sfida il big dice una rima brutta su un qualcosa di famoso dell’avversario più celebre.
Quindi questo allontanamento lo consideri qualcosa di momentaneo o no?
Vorrei tornare al top della forma e prendermi un periodo di pausa per tornare un po’ col botto. Parteciperò a meno contest, ma non vuol dire che smetto per due anni, vuol dire che mi presenterò solo in poche occasioni giocandomi bene le mie carte. Non necessariamente saranno i contest più grossi, è più una questione di momenti e di mentalità.
Come pensi si sia creata la tua fan base e quindi gli haters?
Io sono sbucato un po’ dal nulla dall’Alley Oop e da lì ho guadagnato, per fortuna, tanti apprezzamenti fino a certi casi di esagerazione, di fan boy come si dice. E poi questa cosa, nel tempo, secondo me si è ritorsa contro di me, tipo “Shame ha troppi fan boys” o “a Shame urlano a gratis” è diventata un’opinione comune. E’ futile prendersela con l’artista (chiunque esso sia) per dicerie o cose di cui non è fautore, ma per via di una parte di pubblico.
La rivalità con Drimer e il rapporto con gli altri freestyler.
Nel mondo del freestyle ci sono molte persone che non mi vanno particolarmente a genio, quasi sempre per qualche vociferare che mi è arrivato. Ma preferisco un Drimer che mi dice chiaramente sul palco quello che pensa, piuttosto di chi ti fa la bella faccia e poi scopri che ti sparla alle spalle. Con Drimer, non abbiamo mai avuto occasione di parlarci e ci siamo parlati solo sul palco, fuori dal palco non abbiamo un grande rapporto, ci teniamo un saluto e un “bella”, ma senza conversare. Nella vita non siamo né amici né nemici insomma. Si è creata questa rivalità, che da un certo punto di vista è figo perché si è creato un qualcosa che non c’era nel freestyle italiano. Per capirci, la mia battle più vista è quella con Drimer al Tecniche Perfette, proprio per quello che questo “feud” ha creato.
Nelle tue sfide con lui, ci sono stati molti attacchi sul personale.
Il freestyle è stile libero, proprio per questo non deve avere censure o politically correct. C’è chi preferisce la ricercatezza, chi andare sul personale. Non è che non si può o è maleducato come gli dicono, è una scelta stilistica. Io di per sé non lo farei, non inizierei mai con qualcuno a fare così, ovvio che però se ricevo l’attacco su questo piano, la sfida si sposta su quel piano. Quindi, non avrei iniziato, ma poi è stato figo continuare. Ovvio che certe cose che sono state dette, per come sono state dette, si vede che sono “sentite”. Nel freestyle è difficile che non ti esca il tuo subconscio, che cosa pensi, esce un po’ la tua personalità.
Ti è stato proposto di entrare in FEA?
Sì, ma ho rifiutato. E’ una questione di visioni diverse. Io sono un po’ un lupo solitario, fra gli amici non ho una crew. Non è dovuto a qualcosa in particolare.
Ti consideri un po’ sottovalutato?
La cosa buffa è che il pubblico spesso mi mette nella top5 o quantomeno nella top 10, mentre magari quando sento interviste di altri freestyler non sono nemmeno nella top 10, per nessuno. Sono gusti, non so che dirti, onesto sì mi sento un po’ sottovalutato. Magari per assurdo sono stato un po’ più sopravvalutato prima e sottovalutato oggi. Per capirci, l’Alley Oop che ho vinto ce l’ho nel cuore, però c’è gente che ancora rivede in quello la mia top performance, quando invece a livello di battle di freestyle sono salito molto. Per assurdo, mi vedevano meglio prima. Si può ricollegare al discorso hateraggio fatto prima.
Non pensi che, nonostante tu abbia un repertorio vastissimo, tu sia stato etichettato come quello dalla punchline scenografica e che questo sia riduttivo?
Sì, il problema è anche questa costante ricerca di etichette. Questo è un errore, è un errore di fondo vedere questa cosa come giullare/pagliaccio, quando è top of the head. Probabilmente non viene così apprezzato il lato metrico, della ricercatezza, e piacciono di più le punchline dirette. Io mi considero più rapper tecnico che punchliner, però viene considerata troppo di più una rima scenografica rispetto, che ne so, a una quartina in cui ne chiudo 16.
Com’è nata l’idea del Guinness?
L’idea è nata per gioco con amici. Dopo ogni serata ci mettevamo a fare freestyle e io ero sempre quello che voleva farlo più a lungo. E da lì mi hanno iniziato a dire che nessuno lo faceva per così tanto tempo e che ero quello che lo faceva di più. In quel momento è uscito l’articolo sul Guinness di freestyle fatto da Arkano e quindi hanno iniziato a sfottermi. Allora quasi per gioco, come sfida personale, ho deciso di farlo con Calimistik, il mio deejay. Tra l’altro lui non viene valorizzato, ma non è mai stato fatto con anche il deejay, gli altri lo facevano con cassa e pc. Presto ho intenzione di rifarlo per riportare il record in Italia (un americano lo ha superato). Lo farò penso durante quest’anno, ovviamente è una cosa pesante da organizzare perché devo trovare il locale che stia aperto 30 ore.
Torino è storicamente la città del freestyle: perché ultimamente non si organizzano contest ed è “morta” sotto questo aspetto?
Il problema è che, non so perché, c’è sempre stato poco supporto da parte della gente. Nel senso io ho iniziato da Torino a fare contest e ce n’erano un bel po’. Però mediamente c’era sempre poca gente. Per quello penso che qualsiasi organizzatore, nel momento in cui la serata inizia a essere una perdita, non lo fa. E poi, il problema penso che sia che nessun personaggio/artista/locale grosso ci abbia investito. Ultimamente ho co-organizzato due serate, ma entrambe sono state un fiasco. Cioè io che sono cresciuto, a livello di studi, a Torino, porto meno gente a Torino che a Genova o Milano. Trovo assurda questa cosa. Un’altra cosa che può avere influito è il fatto che i freestyler di Torino e dintorni non viaggino, quindi il nome di TO non è stato portato troppo fuori e non ha permesso di crearsi quella rete necessaria. Per esempio al Tecniche viene sempre tanta gente da tutte le regioni, l’anno scorso al Tecniche a Torino c’erano tre persone che venivano da fuori.
Eppure c’è gente che lo fa e ci sono anche belle teste
Sì ce n’è, una battle a Torino fa 30-35 iscritti, anche 40. Però è assurdo che appena la battle sia ad Asti, Almese o magari una situazione importante a Milano, non vada nessuno. E’ un peccato. Quelli che vedo più in giro sono Sanji e Dox.
Qual è il freestyler piemontese più promettente?
Sem, di Fossano, bravissimo negli incastri.
Fai spesso laboratori di freestyle nelle scuole, cosa insegni e come trasmetti l’arte?
Spiego come il freestyle e l’improvvisazione siano un arte. Cioè parto dall’origine, dai menestrelli e dai poeti sardi, come nasce, cerco di far passare i valori dell’hip hop e analizzo tutte le sfaccettature: cos’è la metrica, cos’è il flow, cos’è un wordplay, un anagramma. Faccio notare come vengano usate un sacco di figure metriche, anche inconsciamente dai freestyler, uguali alla poesia (per esempio l’enjambement). E spiego anche il divertimento che porta, finire una serata insieme ad altri cinque a fare cypha ad esempio. Ed è bellissimo fare ricredere subito il ragazzo o la prof bigotta su quale valore culturale o espressivo possa avere questa disciplina. E togli dei cliché, quindi il ragazzo metallaro capisce che il rap non è quei quattro stereotipi che purtroppo ci portiamo addosso. Invece, l’appassionato del rap che magari non segue freestyle, scopre in questo modo un mondo. Ci sono casi bellissimi di ragazzi che dopo un assemblea vengono agli eventi o addirittura iniziano a scrivere e a fare freestyle.
E cosa ne pensi del classico cliché del ridurre il freestyle a “insulti alle madri”?
Allora, il freestyle non dev’essere ridotto a nulla. Inizio magari proprio dagli insulti alle tipe, che sono un gioco di fantasia, si fanno per scherzare, spiego come io lo faccia con i miei amici con le loro tipe a fianco e ridono anche loro. A parte che c’è un excursus storico importante, cioè la violenza fisica che c’era nei ghetti, che è diventata violenza lirica: quindi anche se può sembrare una cosa becera, ha storicamente uno scopo nobile. Poi spiego come puoi usare il freestyle come vuoi tu, puoi non usare parolacce o non insultare. Inoltre, l’insulto alla madre non è l’insulto alla madre, è un’opera di genialità, c’è magari un doppio senso o devi usare la fantasia che hai nell’andare a fare una certa metafora. Per esempio, la mia rima contro Re “questa è la tua tipa che sta sotto di me” non è così apprezzata per la rima in sé, ma perché c’è l’acqua e quindi una metafora. O la rima di Blnkay “la tua tipa sta svenendo, ma senza la s”, non è bella perché la tipa sta venendo, ma per la genialata di togliere una lettera per creare un altro significato.